sabato 22 settembre 2007

introduzione

Una poesia, si diceva,espressa con libere associazioni analogiche fra oggetti e fenomeni lontanissimi tra di loro e organizzate con una sintassi inattesa.
Una poesia ricca di trasgressioni logiche e grammaticali e soluzioni espressive insolite che rendono i testi delle poesie spesso oscuri ma senza dubbio affascinanti.
Impossibile, dunque, spiegare lessicalmente e alla lettera le poesie di Marcello (così come, d'altra parte, è impossibile spiegare alcune poesie di Eugenio Montale, di Dino Campana o di Amelia Rosselli).
E diventa arduo anche indicare possibili tracce di lettura.Ciò che si può dire è la forte impressione di solitudine, di angoscia, di morte che comunicano le sue poesie.
L'atteggiamento di Marcello nei confronti della sua angoscia non è univoco.
A volte egli sembra inebriarsi del suo dolore:
In quest'ora disabitata
la vita ha tonfi amari
cosi lievi
che non so odiarli (in quest'ora disabitata)

Altre volte vorrebbe che i suoi tormenti finissero:
Effondi una timida nuvola
che germogli su un filo di sole
che asciughi le mie lacrime (sorridi al viso)

Alla solitudine, all'angoscia e alla noia sembra poter portare sollievo un ricordo:
Tra i binari storditi
di luglio scorrono le ruote di scorta
della memoria (tra i binari storditi)

o il profumo di un fiore:
dalle vene squarciate della noia
la primavera esala
oscuri profumi
e una rosa in poco sangue raccolta
mi riporta dolcezze in trasparenze. (dalle vene squarciate della noia)

Ma sono soprattutto l'amore e la notte a portargli consolazione.
L'amore, i cui effetti nell'animo egli definisce "le vertigini sottomarine dei vagoni del cuore" (in a mezzanotte) sembra dargli la forza di lottare, di ribellarsi:
Il mio amore
ha abbastanza fondo
per ingoiarvi tutti quanti (il mio amore)

oppure gli fa vivere momenti di pace:
tu cerchi / la terra addormentata / nella pace degli abbracci /
il sapore dei baci / smaltati da una piccola tazza. (tu cerchi)

Ma l'amore è spesso un amore finito che egli rimpiange soffrendo:
ma tu resti sempre la mia vita / anche ora che non mi sei accanto (uno accanto all'altra)


Oh! Perchè il nostro amore / non ha avuto tutta la dolcezza /
così che ora potrai finalmente maledirmi / la mia strada e
stretta e il pugnale del tuo amore / l'attraversa come vuole.
(ho sorpassato la tempesta)

E' la notte, però, la dolce ossessione di Marcello. Non a caso notte è tra le parole più ricorrenti nella sua poesia.
La notte gli riporta l'amore:
ho sorpassato la tempesta
e tu impassibile e selvaggia
fammi impazzire in quest'umida notte ( ho sorpassato la tempesta)


Ti porterò
nel fondo della notte
e t'amerò
nella notte senza fondo. (ti porterò)


La terra addormentata
nella pace degli abbracci. (tu cerchi )

Il buio della notte sembra l'unico sollievo alla sua vita:
aspetto che una fiala di buio
sciolga
quel dolcenulla fatto orizzonte (fra le tue ali senza mani)

Al contrario la luce ed il sole si connotano sempre in modo negativo. Al sole si associa la malattia, il dolore, la solitudine:
il sole beve e tossisce
la noia paralizza farfalle (il sole beve e tossisce)

con il sole che morde
il cuore alle nubi

la collina è sola
avvelenata
da un triangolo di sole ( disattenta la morte)


Quando vidi
il mattino salire
sulle lacrime di sale dell'infinito
i tuoi occhi divennero più piccoli
come la tigre lucente
della pietà. (colsi fiori selvatici )

Il sole sembra assumere addirittura l'aspetto di un orrendo leviatano:
o sole affamato
a te il tuo gregge (o sole affamato )

Marcello, in una struggente poesia, attribuisce la sua avversione per il sole anche a Carla, una ragazzina immaturamente stroncata da un male incurabile:
Carla, da dove mai sarai entrata
come un topolino
in un cuscino sfatto
di deboli carezze.
I tuoi giorni non amano questo sole
che come un arco
ti scocca le sue ombre
ineffabili.


La luce del sole, dunque, sembra rappresentare un vero tormento.
E questo tormento spesso si cristallizza in una sorta di correlativo oggettivo che è la sabbia:
nelle sabbie dei tormenti
sulle rovine lucide dell'anima
le passeggiate sveglie di malinconia (nelle sabbie dei tormenti ):
E ancora
Aver guardato l'alba sciogliersi
e ardere in un cortile di sabbia
aver sentito il cerchio delle lacrime
affaticare il cammino di un gatto. ( in un mattino )

Cercarti nelle onde insabbiate degli istanti (frantumarsi tra le lacrime di un addio )


le verdi primavere non hanno sorrisi
se un grido precipita nella tomba della sabbia infuocata
(frantumi della mia voce)


Anche l'amore, quando finisce, diventa sabbia:
l'isola dei nostri affetti
e' sabbia arrugginita
poiché non c'è nulla
che può confortare (guardo il cielo per l'ultima volta )


Bisogna ricordare, infine, nella poesia di Marcello, la presenza ossessiva della morte:
nei tuoi occhi c'è morte:
la bella morte
che accontenta sempre
gli sfortunati
come noi ( nei tuoi occhi c'è morte )


Tu che dormi
nell'ultimo profumo dei fiori
ferita da un respiro di labbra
tu che dormi quando io muoio ( tu che dormi in quest'ombra morente )


Spesso il desiderio della morte è espresso in maniera esplicita:
il sole corre fra l'erba
non un filo d'aria
il tempo respira dalla bocca
conosco la follia al margine della strada
il sudore ha macchiato l'asfalto
il dolore sbava qua e là
voglio morire e basta. ( il sole corre fra l'erba )


Alcune poesie, poi, sembrano un vero e proprio commiato dalla vita.
Sublime nella sua disperazione mi sembra. Noi saremo gli occhi che piangeranno sorrisi:
noi saremo gli occhi che piangeranno sorrisi
un'ombra di tristezza
l'alba accoltellata dalla saliva
di un bacio
le nostre anime perdute e perdutamente
i cuori senza speranza
le primavere che sbocciano prima del giorno che moriamo
saremo una conchiglia partorita dalla solitudine
uno sputo di pensieri
nel fondo di un lago
saremo il silenzio
fragili voci di pioggia
un bacio intristito ai lati del nulla.


Con la coscienza della sua fine, Marcello sembrava dire addio anche alla sua poesia:
si fanno difficili le battaglie
ora che la vita ci toglie la forza e i sogni
la notte pura
ha falciato un grido più forte
e nell'anima non rimane che un fremito
come le ginocchia di un cavallo
dopo un'ultima corsa
anche è più timido il suono dei miei versi
e deboli le parole
senza più labbra. ( si fanno difficili le battaglie )


Rileggendo questa poesia ho ripensato al titolo di un libro di Donatella Bisutti: La poesia salva la vita.
La poesia non ha salvato la vita di Marcello ma, certamente, è riuscita a lenirgli il suo dolore.

Francesco Butera













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