INTRODUZIONE
Una lirica di Marcello porta il titolo Le muse inquietanti, lo stesso di un quadro di De Chirico. Il riferimento alla famosa opera di De Chirico non è casuale e può essere illuminante per farci capire meglio il mondo di Marcello. Nelle Muse inquietanti, emergono l'assenza di vita e la sospensione del tempo. Lo spazio è vasto e irreale, deserto e allucinante, e vi possono esistere solo manichini senza vita. Uno spazio ed una realtà atemporale, dunque, da cui la vita è tenuta fuori o sembra essere passata lasciandovi, come tracce, sole forme vuote. Questa visione coincide, in parte, con il modo di sentire il mondo di Marcello. Si legga, per esempio, quanto egli scrive nella poesia Una macchia di sole appiattita:
Una macchia di sole appiattita
In questa azzurra eternità
Non un filo d'aria attraversa il giorno
Il mondo
Scheletri di passioni di parole
Sparite.
E forse Marcello pensava ai manichini di De Chirico quando in un'altra sua lirica scriveva: " Io vivo senza vita." Ma il rapporto tra la pittura di De Chirico e la poesia di Marcello è più profondo.
A me sembra che Marcello si sia sforzato di trasformare in poesia le immagini di De Chirico. Voglio dire che la consuetudine di De Chirico di creare nella pittura effetti sorprendenti, con l'accostamento insolito di oggetti quotidiani collocati in contesti non conformi, è stata da Marcello trasferita nella sua poesia. Ci troviamo di fronte,infatti, ad una poesia che è caratterizzata proprio da immagini spesso non pertinenti all'ambiente descritto e da metafore ardite che, veicolando un contenuto fatto di disperazione, di tristezza, di vuoto, di dolore, ci inducono a superare l'aspetto comune delle cose ed a riflettere sulla loro esistenza, sul loro significato ultimo. Si pensi per esempio alla lirica C'è qualcosa di più delle parole, dove tra l'altro si legge:
C'è qualcosa di più dei giorni
Senza orizzonte levigati dai molti caffè
Tristi come un anfiteatro di ombre
Dove le ombre siamo noi
Dietro la poesia di Marcello non c'è , però, solo la pittura metafisica. Sarebbe facile riscontrare nelle sue liriche richiami ai poeti che egli leggeva: i francesi ( Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Mallarmè, Apollinaire ) e molti italiani. Riferimenti a Montale, per esempio, si possono trovare nella lirica Qualcosa si spegne ( Qualcosa si spegne/ Nel buio, qualcosa/Si brucia./ Il filo giocoso/ Che teso si stacca/ Non senti/ Ma vedi/ E una traccia/ Si straccia/ Se piego nel vento/ Quel filo che più non tiene/ E che fu mio,/ Tuo ) dove il filo che più non tiene è una chiara allusione al filo di cui parla Montale nella Casa dei doganieri.
Un'allusione a Montale mi sembra essere presente anche nella lirica La scatola della cipria dove, però, l'oggetto di cui si parla Marcello non svolge la funzione di oggetto salvifico, come in Dora Markus di Montale, ma è un correlativo oggettivo dell'indifferenza di una donna.
Marcello possedeva, dunque, una vasta e complessa formazione culturale. E questa formazione può spiegare l'eccezionalità della sua poesia.
Una poesia tesa a manifestare qualche barlume della sua sofferta interiorità e della realtà esterna sempre ad essa rapportata.
domenica 16 settembre 2007
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